Mondo

Ecco la Bank sociale dei “figli” di Sen

Prestiti ai poveri, miliardi per costruire case nelle zone degradate. Da 25 anni la “South Shore” dimostra che l’economia sociale è possibile. Ed è pure conveniente

di Federico Cella

Gli Stati Uniti d?America sono, nel nostro immaginario, la patria del liberismo economico più sfrenato e delle operazioni finanziarie estreme. Eppure è proprio nelle università americane che ha trovato spazio per i suoi studi e per i suoi successi Amartya K. Sen, Premio Nobel per l?economia. E sempre negli Stati Uniti, più precisamente a Chicago, nel 1973 è stata creata la South Shore Bank, il primo e tuttora unico istituto di credito americano a perseguire un concetto di finanza per lo sviluppo. Un gruppo bancario – che ora ha un capitale consolidato di circa 124 miliardi di lire – che ha ristrutturato case per 78 mila persone nei quartieri degradati della città, oltre a investire ogni anno miliardi in microcrediti e prestiti di sviluppo. «La teoria che sottende a questo tipo di banca è quella tradizionale della mano invisibile», spiega Elisabeth Richter, consigliere delegato della Shorebank Advisory service, la divisione di consulenza della finanziaria di Chicago. «Solo che la nostra è una mano invisibile che aiuta, una mano finalmente consapevole che può essere indirizzata in modo che non solo non schiacci più le persone sotto il peso della finanza mondiale, ma che le inviti a partecipare direttamente alla vita economica e sociale del proprio territorio».
Che significato ha la consegna del Premio Nobel per l?economia a un teorico come Sen della redistribuzione sociale dei beni?
Non può certamente essere considerato solo un semplice riconoscimento all?uomo o all?idea. La realtà è che, se tradizionalmente la consegna del Nobel riguardava solo economisti che ritenevano i mercati efficienti, questa volta si è voluto sollevare la questione sulla reale efficienza della struttura economica globale.
E qual è, secondo lei, l?evento che ha portato la macchina economica a ripensare se stessa e il suo ruolo?
Penso che tutto questo movimento, che noi rappresentiamo in America, sia la conseguenza del miglioramento della comunicazione, della diffusione delle informazioni che permettono a tutti di rendersi conto dei costi sociali che la finanza comporta. Un esempio del grande successo dell?etica finanziaria è stato, in tal senso, il disinvestimento mondiale dal Sudafrica governato allora dall?apartheid. Questa manovra economica, basata su considerazioni etiche ha contribuito allo smantellamento dell?apartheid stessa. In questo modo si è potuto conoscere il potere della finanza non come fine a se stesso, ma come strumento, nel piccolo e nel grande, nelle mani di tutti. Dunque diventa possibile chiedersi: quali obiettivi sociali sono importanti per noi? E così muovere la finanza per ottenerli.
In questo periodo di profonda recessione a livello mondiale, la via etica alla finanza è diventata forse una necessità perché il modello precedente non è più funzionale?
Non credo, perché se la soluzione ai problemi economici fosse così semplice, l?avrebbero già praticata altri. La nostra, e quella di tutte le banche etiche nel mondo, è una nuova mentalità, potente perché è in grado di coinvolgere i singoli individui, ma che si deve scegliere. Quindi l?individuo ha adesso la possibilità non solo di impedire, ma di determinare il proprio futuro, di fare investimenti che permettano loro di essere propositivi nei confronti della società in cui vivono; contribuendo direttamente, per esempio, alla creazione di microimprese nel territorio.
Un concetto di diretta partecipazione economica che conta sull?attività del privato sociale.
Infatti il coinvolgimento delle ong diventa fondamentale nel dirigere, come abbiamo detto metaforicamente, l?operato di questa nuova mano invisibile. Un ruolo che diventa sempre più importante in tutti i Paesi del mondo, dove lo Stato mette sempre meno e dove quindi la società civile può fare da tramite tra le microimprese e la banca che può finanziarle. In 25 anni di esperienza abbiamo capito che lo sforzo più importante da sostenere è proprio quello della formazione delle persone: bisogna fare capire agli individui come investire in un istituto come il nostro è conveniente non solo da un mero punto di vista economico, anche se l?aspetto finanziario rimane fondamentale. Chi apre un conto corrente da noi, o lo farà nella vostra futura Banca etica, avrà nell?immediato una remunerazione inferiore; ma a lungo termine, dal punto di vista del welfare, il suo guadagno sarà infinitamente superiore.

Tutte le banche con l’etica nel caveau

Nel mondo sono in molti ad aver fatto proprie le teorie di Amartya Sen dando vita a vere proprie banche etiche che gestiscono miliardi e investono in solidarietà. Ecco quali sono oggi i ?semi? di Sen: BANCA ETICA UNIVERSALE: nata a Padova nel 1995 come cooperativa verso la Banca etica, conta oggi oltre 11.000 soci, un capitale sociale di 13 miliardi e sarà operativa dal 1 gennaio 1999. GRAMEEN BANK: fondata nel 1986 in Bangladesh, capitale sociale pari a 2 mila miliardi di lire. TRIODOS BANK: fondata nei Paesi Bassi nel 1980, ha una raccolta di 270 miliardi di lire e opera nei settori di economia sociale, ambiente, cooperazione internazionale e commercio equo-solidale. OEKOBANK: fondata nel 1988 in Germania, il suo capitale sociale ammonta a 200 miliardi di lire e sostiene progetti eco-compatibili e sociali. ALTERNATIVE BANK SUISSE: fondata nel 1990 in Svizzera, gestisce circa 220 miliardi che investe in progetti sociali e nel commercio equo-solidale. Altre banche etiche sono: Citizen (Giappone), Eko-Osuuspankki (Finlandia), Gls Gemeinschaftsbank (Germania), Oikos (Danimarca) e Banque Populaire du Haut-Rhin (Francia).

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.